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    martedì 26 maggio 2015

    Salvarsi dal marketing degli alti ISO. Ovvero come vivere felici con la nostra vecchia fotocamera per molti anni

     DISCUSSIONE NEL FORUM  >>

    di Marco Palladino 

    Siamo ormai abituati alla veloce evoluzione tecnologica nel comparto fotografico e al consumo di informazioni sull’ultimo ritrovato uscito. La curiosità in effetti ci spinge a voler sapere subito ma nei fatti, salvo pochi fortunati, la gran parte di noi acquista fotocamere e obiettivi diversi mesi dopo la loro uscita, nel caso degli obiettivi anche anni (se non addirittura usati). I lettori del magazine sanno che amo fare delle recensioni tardive, che ritengo più utili per l’acquirente reale, spesso confrontando oggetti che si possono trovare ormai solo usati, o comunque accessibili al pubblico più vasto. Ad esempio questa recensione comparativa tra la fotocamera Canon EOS 1Ds Mark2 e la fotocamera Canon EOS 5d Mark2 oppure un confronto particolarmente critico tra EOS 7D ed EOS 30D soltanto per gli alti ISO. Difatti molte innovazioni tecnologiche sono troppo facilmente chiamate “rivoluzioni” quando tutt’al più si tratta di leggeri miglioramenti nel comparto tecnologico (per le fotocamere spesso si tratta di un processore migliore e un firmware aggiornato) .

    C’è decisamente una componente spiccatamente psicologica e consumistica nel marketing aggressivo che ha caratterizzato l’ultimo decennio, dico l’ultimo decennio perché nel comparto reflex ad esempio si può dire che le innovazioni tecnologiche sostanziali sono state raggiunte già nel 2006/2007. La competizione è stata spietata e ha investito inizialmente la corsa ai megapixel. Per un lungo periodo, e ancora oggi, la fotocamera con più megapixel aveva un appeal da ultimo ritrovato tecnologico, capace di prestazioni superiori. Questa idea è dura a morire ma tutto sommato ormai anche il pubblico meno smaliziato si è stancato. Esistono cellulari con fotocamere da 40MP. L’idea che i molti megapixel siano sinonimo di qualità è finalmente scemata. Invito a leggere questo nostro articolo di un paio d’anni fa, le cose non sono cambiate di molto. Sappiamo quanto la Sony in congiunzione con Nikon abbia puntato sull’innovazione dei sensori, prima in risoluzione e infine in gamma dinamica, cui è seguito l’aggiornamento Canon con la EOS 5Ds capace di una risoluzione di ben 50 megapixel, benché ancora indietro quanto a gamma dinamica del sensore.

    L’ultima frontiera poi è la miniaturizzazione degli apparecchi e la più grande innovazione è certamente quella delle fotocamere mirrorless, Fuji in testa a tutti. Le fotocamere mirrorless ormai hanno raggiunto livelli di qualità del sensore, per quanto riguarda risoluzione, alti ISO, gamma dinamica e output al pari se non superiore in taluni casi alle Reflex di fascia alta. Si legga un articolo come questo pubblicato da Ken Rockwell dove emerge bene che la Fuji X-Pro1 è al pari di mostri come la Nikon D800 o anche la D4.

    Pur essendo la risoluzione un parametro che ha perso valore, resta ancora uno della “triade”, forse ormai il meno importante. Per triade intendo: RISOLUZIONE, ALTI ISO, GAMMA DINAMICA. Questi tre parametri ormai decidono il valore tecnologico di un sensore digitale, facendoci spesso dimenticare che attorno a un sensore c’è una fotocamera e che a questa si attaccano degli obbiettivi. É nota ormai la querelle che investe i punteggi assai bassi assegnati dal sito specializzato in analisi dei sensori digitali, DXOMARK, alle fotocamere della Canon. Tipicamente i sensori Canon restano parecchio indietro a causa di una più ristretta gamma dinamica, che non supera i 12 stop anche a bassi ISO, contro i circa 14 dei sensori Sony/Nikon. La gamma dinamica è un fattore importante certo, ma non indispensabile. Inoltre per le applicazioni più tipiche dove occorre ampia latitudine di posa nello scatto, ovvero il paesaggio, le fotocamere moderne danno la possibilità di attivare la modalità HDR (High Dynamic Range) per espandere la gamma dinamica anche oltre i 14 stop totali.

    Una cosa che caratterizza i sensori Sony/Nikon è la grande possibilità di recupero nelle ombre. Questo aspetto ci conduce direttamente all’argomento chiave, ovvero: gli alti ISO sono davvero una innovazione tecnologica? Un po’ lo sono, ma è davvero poca cosa. Non certo la rivoluzione tecnologica che vorrebbero farci credere. In buona sostanza gran parte dei miglioramenti sono nell’ottimizzazione del segnale in concomitanza con l’aumento della risoluzione. Questo si traduce in un miglioramento da una generazione di fotocamere all’altra di circa 1/2 – 2/3 di stop in assoluto e 1-1,5 stop, se consideriamo anche il maggiore fattore di risoluzione, ovvero che ad esempio riducendo un file da 36MP (Nikon D800) a 12MP (Nikon D700) anche a parità di rumore digitale l’immagine della Nikon D800 apparirà più pulita, ovviamente.

    Funzioni aggiuntive nel menu di Magic Lantern

    La più grande limitazione affinché la nostra vecchia EOS 5D (la versione I) che sforna ancora file meravigliosi di dignitosissimi 12 MP (per sapere se ce ne servono davvero di più, invito ancora a leggere questo articolo) riesca ad eguagliare le prestazioni degli alti ISO di fotocamere più moderne, ebbene non è tecnologica, bensì: COMMERCIALE! Canon (così come gli altri brand) si guarda bene dall’offrire un aggiornamento del firmware che potrebbe sbloccare il limite degli alti ISO che nella EOS 5D è ancora a ISO3200. Come superare questo limite?

    Esiste un software open source gratuito che è ormai arrivato a livelli di affidabilità notevoli. Si chiama MAGIC LANTERN e va a sostituire il firmware della Canon. Purtroppo funziona solo con Canon. Per le fotocamere Nikon sta nascendo una community simile, si veda il sito https://nikonhacker.com/. Questo firmware alternativo ovviamente fa molto di più, introduce strumenti e ottimizzazioni notevoli soprattutto nel comparto video. Le fotocamere molto vecchie, come la EOS 5D in questione non sono pienamente supportate. In generale anche la gamma dinamica, almeno dell’output di file JPEG viene aumentata e la limitazione degli alti ISO può essere rimossa.

    GAMMA DINAMICA AUMENTATA CON MAGIC LANTERN

    Capiamo quindi che i limiti degli ISO sono piuttosto una questione di software che non di hardware. Allora perché non intervenire direttamente noi sul file? La prima regola da seguire è come sempre scattare in RAW (sul perché, leggere questo articolo) che ci consente un maggior recupero nelle ombre e in generale dell’esposizione e un aumento della gamma dinamica rispetto a un JPG 8 bit. In buona sostanza, senza entrare nei dettagli, anche la fotocamera di ultima generazione usa una specie di trucchetto software quando impostiamo gli ISO altissimi, quelli che prima erano chiamati ISO espansi. Anche nella nostra fotocamera di più vecchia generazione quando attiviamo dal MENU gli ISO ESPANSI avremo valori come H1 o H2 che sono valori superiori al massimo considerato accettabile. Quindi se la fotocamera arriva a ISO 3200, H1 sarà ISO 6400. Quello che non sappiamo però è che non sono valori “reali” ma interpolati dal software. La stessa cosa che possiamo fare noi se agiamo in questo modo:

    1) IMPOSTARE LA FOTOCAMERA SUL FORMATO RAW

    3) ATTIVARE I VALORI ISO ESPANSI E SCEGLIERE IL VALORE MASSIMO

    3) SCATTARE CON DIAFRAMMI A MASSIMA APERTURA E UN VALORE DI COMPENSAZIONE (SOTTOESPOSIZIONE) DI “–1” (ottenuto diminuendo i tempi di scatto alla metà, ed esempio da 1/15 a 1/30). Infatti l’unico motivo per cui siamo disposti a sacrificare la qualità di immagine sia alzando gli ISO nativamente sia sottoesponendo è perché siamo già al limite  e i tempi di scatto non sono accettabili.

    Ricordiamo che i tempi di scatto al limite possono essere ancora tollerabili se è presente uno stabilizzatore nella fotocamera o nell’obbiettivo (leggere questo articolo). In caso di soggetti in movimento i tempi di scatto sicuri potrebbero comunque non bastare, anche se lo stabilizzatore è attivo, come nel caso della FOTOGRAFIA SPORTIVA. In generale la necessità di ISO molto alti si fa sentire per la fotografia a teatro o ai concerti.

    4) APRIRE IL FILE RAW CON UN SOFTWARE EVOLUTO COME DPP (solo Canon), LIGHTROOM O PHOTOSHOP.
    Qui possiamo intervenire semplicemente sul valore di esposizione generale e riportare l’immagine a valori di +1 (o +10 se la scala è in centesimi). in alternativa, dato che molto spesso le immagini sottoesposte soffrono soprattutto nelle ombre che risultano molto chiuse, è sufficiente intervenire solo sulla porzione a sinistra dell’istogramma, ovvero possiamo recuperare solo i neri e le ombre (e quindi un po’ i mezzi toni), lasciando inalterate le luci e le alte luci (bianchi). Questo intervento è particolarmente felice con i sensori Nikon/Sony che permettono un grande recupero nelle ombre senza troppo rumore digitale.

    Gli interventi possibili in camera oscura digitale sono diversi. Non sempre spostare il selettore dell’esposizione è la soluzione migliore. In generale tutti gli interventi sulla luminosità, tra l’altro su file già scattati a ISO molto alti, introducono una notevole quantità di rumore digitale. Molto meglio intervenire sulle curve (vedi questo articolo). O come nell’immagine sopra, aprendo Photoshop e lo strumento CURVE. Impostiamo il tipo di opacità su “LUMINOSITA’” in modo che l’intervento non vada ad alterare i colori dell’immagine ma soltanto la luminosità. Nell’immagine di esempio, il recupero interviene in modo graduale agendo soprattutto sui mezzitoni. Con le curve possiamo modificare la luminosità dell’immagine in modo più accurato, dato che ogni immagine è diversa dall’altra.

    Anche una fotocamera vecchia come la EOS 30D può arrivare a ISO 6400 in questa maniera, come nell’immagine a seguire:

    Come si nota in questa foto (e si spiega meglio in quest’articolo) non c’è una grande differenza nella qualità dell’immagine tra una EOS 30D spinta a ISO 6400 in postproduzione e il file nativamente ISO 6400 di una EOS 7D. La differenza c’è ma non è molta. Inoltre incide di più la maggiore risoluzione della EOS 7D (18MP) rispetto ai soli 8MP della EOS 30D. La reale differenza si ha con un sensore FULL FRAME anche di una “vecchia” EOS 5D Mark2 che essendo grande il doppio ha una densità di pixel molto minore e quindi un rapporto segnale/disturbo decisamente più favorevole.

    Questo ci dice un’altra cosa: se ad esempio fare foto ai concerti o comunque usare gli alti ISO è una nostra priorità, piuttosto che rincorrere l’ultima fotocamera uscita nel segmento amatoriale, con sensore APS-c (Canon EOS 600D, 700D 60D, 70D, 7D, ecc), è una scelta assai più sensata l’acquisto di una fotocamera full frame anche usata, di più vecchia generazione. Con tutte le migliorie tecnologiche e livello di sensore e processore, un sensore più grande è semplicemente migliore, anche se di due generazioni precedenti. Con 500 eu oggi possiamo acquistare una EOS 5D primo tipo. Se possiamo accettarne le limitazioni (che sono tutte in altri comparti ma NON nella qualità di immagine), non c’è nessuna ragione per spendere il doppio su una fotocamera di ultima generazione che nemmeno raggiunge tale qualità, pure se con una risoluzione superiore. Soldi che possono essere spesi su un’ottica di qualità.

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    venerdì 22 maggio 2015

    Paesaggi Industriali alla Mast PhotoGallery di Bologna



    Fino al 6 settembre la Mast PhotoGallery di Bologna ospita la mostra fotografica “Industria oggi”, un percorso per immagini nell’industria contemporanea.
    La mostra presenta 70 scatti di 24 artisti e fotografi che presentano una riflessione sulla rappresentazione del paesaggio industriale, interessandosi ai processi produttivi e al loro legame con la società, un’indagine sui rapporti di forza e sull’influenza dell’industria sull’uomo e gli effetti sulla natura.

    Esposti lavori di grande impatto come la fotografia di Olivo Barbieri, lunga sette metri, che ritrae l’interno di uno stabilimento Ferrari, mostrando come i capannoni ormai siano luoghi molto luminosi e arredati con grandi piante d’appartamento ma completamente deserti; Henrik Spohler e Vincent Fournier hanno fotografato un mondo di dati e prodotti, automatizzati e robotizzati, in cui solo i cartelli aiutano a orientarsi. Nelle foto di Carlo Valsecchi gli impianti produttivi sembrano sculture di una “industrial fiction”.

    Il fotografo Trevor Paglen ritrae il cielo e svela, nelle strisce bianche che lo attraversano, la presenza di orbite satellitari e di sistemi di sorveglianza militare a elevata tecnologia.
    Thomas Struth nella sua opera “Tokamak Asdex Upgrade Interior 2” si occupa della ricerca tecnologica del Max – Planck – Institut. Le scure immagini stenoscopiche di Vera Lutter rappresentano la ancora presente oppressione e imponenza degli impianti industriali.

    Il giapponese Miyako Ishiuchi immortala la centenaria produzione della seta in Giappone.
    Esposte anche fotografie che ci ricordano come nella nostra epoca postmoderna, postindustriale, altamente tecnologica, esistano ancora molteplici diseguaglianze sociali create dal possesso e dall’uso dei mezzi di produzione e dalla competenze, tema affrontato da Jacqueline Hassink, Allan Sekula e Bruno Serralongue.

    Ad van Denderen e Jim Goldberg mostrano le variopinte e flemmatiche correnti migratorie in contrapposizioni alle bianche fabbriche vuote. Le immagini scattate da Ed Burtinsky mostrano i luoghi e le attività di riciclaggio delle grandi navi da carico. Gli scatti di Sebastião Salgado ci ricordano che esistono ancora luoghi nel mondo in cui viene intensamente sfruttata la forza lavoro senza limiti.

    La mostra include la proiezione di due film: “..Stromness…” di Simon Faithfull, che mostra la stazione baleniera nella Georgia del Sud raggiunta dall’esploratore Sir Ernest Shackleton nel 1917, attualmente abbandonata. “The forgotten space” di Allan Sekula e Noël Burch, film d’essay che documenta il sistema, spesso obsoleto e gravemente dannoso per il pianeta, del trasporto per mare dei containers, vincitore nel 2010 del Premio Speciale della Giuria Orizzonti alla Biennale del Cinema di Venezia.

    @Stefania Cappelletti

    mercoledì 20 maggio 2015

    Hidden Identity - The Italian-Chinese community in Prato

    Un evento imperdibile alla Casa dei Raccontastorie di Shoot4Change a Roma

    Venerdì 22 maggio Francesco Arese Visconti (fotografo e accademico della Webster University di Ginevra) presenta i suoi ultimi lavori sulla comunità Italo-Cinese di Prato: il libro "We, Prato - Youth in transformation" e il lavoro "Hidden Identity - The Italian-Chinese community in Prato."

    Il tema della seconda generazione cinese in Italia non è ancora stato approfondito e il lavoro fotografico e di ricerca di Francesco è un'occasione rara per conoscerlo.

    Agli scatti si accompagna una ricerca psicosociale che si compone di interviste sul senso di appartenenza e di identità delle nuove generazioni, e di un reportage video.

    Il progetto, da cui è nato anche l'omonimo libro edito dalla Edizioni Sui, è stato in mostra a Ginevra per poi rientrare nel filone di ricerca sociale della Webster University - della quale Arese Visconti è docente - che porta il nome di 'Hidden Identity Project – The Italian-Chinese community in Prato'.

    We Prato - Hidden Identity Project/
    Presentazione a Roma c/o Shoot4Change/
    Venerdì 22 maggio dalle ore 17
    via del Mandrione 105, 00181 Roma
    Ingresso libero

    PROGETTO: https://hiddenidentityproject.wordpress.com/

    martedì 19 maggio 2015

    Istogramma ed esposizione: comprendere la mappa tonale e la gamma dinamica. Tutorial

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    di Marco Palladino 

    L’istogramma di un’immagine, sia in fase di ripresa (se si utilizza la simulazione di esposizione) che di visualizzazione, è uno degli strumenti di analisi dello scatto tra i più importanti. Un istogramma può dirvi se l'immagine è stata correttamente esposta, se l'illuminazione è dura o piatta, e ciò che si può fare sia in fase di scatto che successivamente in postproduzione. Le due fasi sono strettamente correlate.

    Ogni pixel di un'immagine riproduce un colore che è il risultato di una combinazione dei colori primari, rosso, verde e blu (RGB). Ognuno di questi colori può avere un valore di luminosità da 0 a 255 per un'immagine digitale con profondità di 8-bit (tipicamente il jpeg è 8 bit, il formato Tiff è 16 bit, il formato RAW è 14 bit). Un istogramma RGB è la sovrapposizione dei tre canali attraverso i rispettivi valori di luminosità e si conta in intervalli di luce da 0 (puro nero) a 255 (puro bianco).

    istogramma

    TONI
    L’area entro cui si espande la maggior parte dei valori di luminosità è chiamata "gamma dinamica", la gamma dei colori è invece detta “gamma tonale”. La gamma tonale può variare drasticamente da immagine a immagine: arrivare a intuire per ogni foto quali sono i valori effettivi di luminosità generale o per singolo canale di colore è un passaggio fondamentale, tale capacità va esercitata sia prima che dopo che la foto è stata scattata. Non esiste un "istogramma ideale", cui tutte le immagini dovrebbero avvicinarsi; gli istogrammi semplicemente rappresentano  la gamma tonale della scena in base a ciò che il fotografo vuole scegliere/trasmettere, variando sia l’inquadratura (e quindi il tipo di luce che viene catturata) sia i valori di esposizione. C’è poi il sempre meno considerato, ma fondamentale, FATTORE TEMPO (meteorologico). Fate una stessa identica foto a distanza di ore e avrete istogrammi totalmente diversi.

    esempio-istogramma


    L'immagine sopra è un esempio che contiene una gamma molto ampia di tonalità, tipicamente nelle foto di paesaggio anche se scattate con la luce ideale, la latitudine di posa si estende da un limite all’altro dell’istogramma. L’istogramma cambia forma in base al tipo di luce e anche alla postproduzione che può restituire maggior contrasto (quindi più presenza di neri e bianchi, come nell’istogramma qui rappresentato). Attraverso lo strumento seleziona colore di Photoshop o di altro programma di editing si può puntare su una qualsiasi parte della foto ed estrapolarne i valori RGB nella scala 0-255. Aggiungiamo quindi dei marcatori per mostrare le zone nella scena in base ai livelli di luminosità rappresentati dall’istogramma. Questa posa contiene pochi mezzi toni, è il risultato sia delle condizioni di luce sia del contrasto restituito in postproduzione. Questo si traduce in un istogramma che ha un elevato numero di pixel distribuiti su entrambi i lati, a destra e sinistra.

    esempio-istogramma-mappato

    L'illuminazione spesso non è così estremizzata. Inoltre con una luce del tramonto è normale avere uno slittamento dell’istogramma dei colori in un senso o nell’altro, con una luce di mezzodì al contrario, pur essendo questa assai dura e tendenzialmente inadatta alle foto paesaggistiche, avremo i colori abbastanza sovrapposti. Condizioni di illuminazione ordinaria, se il soggetto principale è correttamente esposto, di solito producono un istogramma che è prevalentemente espresso nel centro, e che a poco a poco si assottiglia nelle ombre e nelle luci. Fanno eccezione quasi sempre, anche con luce morbida e in ore del giorno dove l’illuminazione non è dura, la presenza di luce solare diretta e i riflessi. La maggior parte delle fotocamere non avrà problemi a catturare automaticamente un'immagine che ha un istogramma simile a quello riportata di seguito, tuttavia la presenza di zone tutte nere o zone tutte bianche (ad esempio la neve o un cielo velato) determina errori vistosi nell’esposizione. Nell’esempio a seguire, i picchi che si vedono a destra sono i riflessi sull’acqua e sulla barca o la porzione di cielo. Una leggera sovraesposizione è stata necessaria per compensare la media dato che l’esposimetro li prende in considerazione, non distinguendo le zone del soggetto se in modalità matrix/valutativa.

    esempio-istogramma2


    CHIAVE ALTA E BASSA
    Sebbene la maggior parte delle fotocamere produrrà esposizioni/istogrammi soprattutto verso i mezzi toni, anche quando lasciamo alla fotocamera il compito di gestire in automatico l’esposizione, la distribuzione dei picchi di un istogramma può dipendere anche dalla gamma tonale della scena, indipendentemente dalle variazioni di esposizione. Immagini dove la maggior parte dei toni rappresentati sono nelle ombre, sono dette immagini in "low key", mentre con le immagini "high key" si ha gran parte dei toni nelle alte luci. La foto di un paesaggio innevato inevitabilmente risulterà una foto in high key e in ogni caso la scena ingannerà l’esposimetro che tenderà spostare verso il punto di grigio medio (18%) quello che invece a occhio nudo vediamo come bianco, mancando i mezzi toni nella scena. Occorrerà pertanto compensare. In una foto di quasi solo bianchi, un istogramma così sbilanciato è perfettamente normale.

    esempio-istogramma3

    La stessa tecnica può essere usata per dare maggiore candore a una foto, spostare appunto l’esposizione verso i bianchi. A tal fine è necessario che vi siano elementi scuri che tratteggiano su bianco, il vestito, i capelli, il trucco sugli occhi, inoltre il fondale può essere neutro (tutto bianco) o no. In queste foto il controllo sulle alte luci deve essere precisissimo, onde evitare fenomeni di clipping ovvero che i toni più chiari del colore (qui, l’incarnato) slittino oltre il valore massimo (255) dove tutto è reso come puro bianco. Il passaggio, soprattutto con immagini a 8 bit, avviene in modo brusco, creando delle vere e proprie macchie di bianco se si guarda la foto al massimo ingrandimento. La stampa fortunatamente ammorbidisce eventuali errori di questo tipo. Un’illuminazione non adeguata (come nell’esempio a seguire, ovvero carente della luce secondaria, così come può capitare con l’uso di un solo flash), produce intervalli di posa più ampi e mette in crisi l’esposimetro. Lavorare in spot è sempre la soluzione migliore per i ritratti.

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    Poiché la fotocamera misura la luce incidente, non è in grado di valutare la luminosità assoluta del soggetto. Pertanto utilizza sofisticati algoritmi che cercano di aggirare tale limitazione e stimare quanto luminosa dovrebbe essere realmente l'immagine. Queste stime spesso si traducono in un'immagine la cui luminosità media è posta nei mezzi toni. Questo è  accettabile per molte situazioni standard, tuttavia le foto in high key o low key spesso richiedono al fotografo di regolare manualmente l'esposizione, rispetto a quello che la fotocamera farebbe in automatico. Le macchine fotografiche digitali sono tarate per impedire che una zona molto luminosa si trasformi in bianco solido, a prescindere da come viene reso il resto dell'immagine. Il digitale a differenza delle pellicole (quelle a basso contrasto) regge assai poco eventuali errori di sovraesposizione del fotografo, se questi scatta in manuale. Nei bianchi il dettaglio non può essere recuperato, se una zona è talmente sovraesposta da diventare bianco puro, al massimo otterremo un grigio slavato non la tonalità corrispondente al canale colore.  L'istogramma è uno strumento indispensabile, insieme al segnalatore delle alte luci, per verificare quanto le luci sono state spinte verso i bianchi. Qualche clipping di solito è inevitabile in zone come i riflessi speculari dell'acqua o del metallo, o quando il sole è incluso nell’inquadratura o quando sono presenti altre fonti luminose dirette, faretti, ecc. In ultima analisi, la quantità tollerabile di clipping resta una decisone del fotografo, in base a quel che intende trasmettere.

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    CONTRASTO
    Un istogramma può anche descrivere il livello di contrasto. Il contrasto è una misura della differenza di luminosità tra aree chiare e scure in una scena. Le foto scattate nella nebbia avranno un basso contrasto, mentre quelle con una forte luce diurna avranno un maggiore contrasto. Il contrasto può avere un notevole impatto visivo su un'immagine sottolineandone la texture. L'acqua ad alto contrasto, ad esempio, ha ombre più profonde (chiuse) e luci più pronunciate, e quindi una maggiore tridimensionalità. Non sempre si può intervenire in fase di esposizione, anzi per diverse ragioni è sempre preferibile restituire la giusta quantità di nero nelle immagini in fase di postproduzione, registrando invece l’immagine con una buona quantità di luce, anche se produce immagini piatte prima dell’intervento in camera chiara, onde non perdere informazioni sul colore e non introdurre rumore da perdita di segnale (nei neri). Alzare il punto dei neri, in una foto come quella che segue, è uno degli interventi più semplici che possiamo fare e abbastanza velocemente con qualsiasi software di editing fotografico.

    esempio-istogramma4

    Il contrasto può anche variare nelle diverse zone all'interno della stessa immagine. Lo studio zonale è fondamentale per comprendere fino in fondo come si esprima la luce nelle porzioni dell’immagine. Ovviamente l’istogramma della fotocamera ci restituisce la rappresentazione degli intervalli di luce su tutto il fotogramma. Ma basta ritagliare una foto per vedere apparire un istogramma completamente diverso. Lo studio completo dell’istogramma e dell’esposizione comprende diversi aspetti e tecniche che ovviamente non trovano spazio in questo breve tutorial. Rimandiamo al nostro CORSO DI FOTOGRAFIA ONLINE per approfondire altri aspetti.

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